27/lug
Daunia Land Art
Published in post

Lázaro Saavedra. L’arte come pensiero visivo in divenire

La pratica artistica di Lázaro Saavedra è una praticaLazaro Saavedra _ 2014. ph Annamaria La Mastra critico-riflessiva e in continua evoluzione. È intesa come un campo di analisi delle questioni sociali e culturali. È una pratica che abbraccia sia i codici di comportamento e di pensiero, sia le modalità di comunicazione e le contraddizioni dei contesti culturali fuori dal “villaggio globale”: essa sviluppa un discorso visivo di carattere etico condotto attraverso installazioni, disegni, oggetti, animazioni, video e assemblaggi.

In Saavedra il medium artistico non è mai aulico, anzi si muove nel mezzo dei linguaggi alti e bassi, costantemente tra le derive estetiche. La sua opera deraglia e detronizza qualsiasi severo accademismo d’inclinazione intellettualistica e qualsiasi concettualismo austero o esercizio stilistico di maniera. Nella sua vasta produzione si pone come “intermediale”, come un vasto campo di sperimentazione d’immagini dove a volte compaiono piccoli personaggi caricaturali (‘hombrecitos’), testi, immagini ed elementi provenienti dalla strada: un laboratorio artistico che controbatte le immagini “ufficiali” costruite e propagandate in modo autoritario, creando un banco di discussione libero da protocolli. Partendo dal mondo culturale, socio-politico, o prettamente artistico,Saavedra approda all’identità multipla dell’essere umano e del vivente.     L.S._Karl Marx_1992_tecnica mista su cartone

Saavedra sente i limiti di un’arte ingabbiata nelle sfere specifiche delle gallerie e dei Musei, del mercato e degli interessi privati, come anche le questioni connaturate alla crisi politica, alle difficoltà dello spazio sociale gestito da apparati pubblici farraginosi. Pertanto critica la doppia morale e l’opportunismo sociale, la dissoluzione estetica e la perdita d’analisi, attraverso opere che fanno riflettere e danno spazio all’immaginazione e all’interpretazione della realtà.

 

Saavedra si lega all’ambiente in cui vive o s’immerge nello spazio culturale e naturale in cui si trova adoperare. Interpreta l’ambiente. Osserva il contesto culturale, storico e paesaggistico, per trasformarlo e segnarlo. Non a caso è stato scelto per realizzare un intervento specifico nelle aree del Gargano, in Puglia, proprio nell’ambito di un’area che risente un forte fascino mistico, favorito dalla presenza dei due Santuari cristiani: il Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo e il Santuario di San Pio da Pietralcina a San Giovanni Rotondo. Un ulteriore motivo riferito alla scelta di Saavedra, oltre l’humus religioso, è il ricordo dell’artista Joseph Beuys che nelle terre del Gargano aveva soggiornato come sergente aviere della Luftwaffe (1941) e dove cominciò ad abbozzare i primi schizzi di paesaggi e decise di dedicarsi all’arte, al contatto con l’energie della natura e del sociale.

Passando dalle dinamiche della religiosità popolare, a partire dall’altare della Virgen de la Caridad del Cobre (Madonna della Carità del Cuore) a Cuba,e studiando, grazie a lunghi soggiorni in Europa, il concetto di “scultura sociale” di Joseph Beuys – per il quale nell’arte ci deve essere una sostituzione dei materiali tradizionali con i materiali del sociale e della natura, utili ad attivare un’apertura e a dare forma al mondo – Lázaro Saavedra si sofferma sui modi con cui le persone desiderose di superare tragedie umane fanno le offerte più improbabili, a prescindere dalla propria classe, ideologia o condizione economica. Nella sua opera Altar de Homenaje a San Joseph Beuys, 1989, rende omaggio a Beuys (un’Arte in simbiosi con la vita), realizzando un altare con offerte in dono o preghiere degli artisti cubani rivolte al “Santo colore”, dietro cui si celano le tensioni della carriera di ogni artista e l’impulso a superare lo sguardo compiacente e afferrare la coscienza critica della società.L.S._Sepultados por el olvido 1997. installazione. La Habana

Saavedra elabora un’arte “sociale” in divenire che veicola una visione “apolitica” e “amorale” del mondo. L’insegnamento di tale visione è un pilastro centrale della pratica di Lázaro Saavedra. Nella fase iniziale del suo percorso, durante i suoi viaggi attraverso la città di Moa, nella provincia di Holguín a Cuba, Saavedra realizza un laboratorio per i bambini e incoraggia la realizzazione di una libera interpretazione del paesaggio. I bambini “ricreano” il proprio ambiente e comprendono il piano simbolico del territorio: il paesaggio diventa una costruzione aperta della mente umana.

L’interesse di Saavedra per i contesti si fa evidente nel “progetto Pilón” (1988-1989): un inserimento sociale al di fuori de L’Avana con uno sguardo interdisciplinare intriso di antropologia, sociologia, semiotica e filosofia. Saavedra osserva il gusto radicato nella popolazione, ad esempio i modi con cui gli abitanti di Pilón costruiscono magneti con ornamenti di frutta per i loro frigoriferi o, su un registro più profondo, l’esercizio dell’esorcismo collettivo che caratterizza le pratiche spirituali nei piccoli templi domestici. Resta profondamente affascinato dal rituale chiamato “L’Estrella de Oriente”: una danza liturgica svolta da varie catene umane in trance disposte in cerchi concentrici intorno a una croce conficcata nella terra. S’interessa al motivo dell’esercizio spirituale come atto che purifica dai cattivi comportamenti della comunità. Inoltre annovera i “consiglieri” esoterici, ad esempio un membro anziano chiamato Joseíto, o le profezie di Cabrales, una sorta di uomo di medicina, una specie di umanista, scienziato o mago.

Saavedra si accosta come un etnologo ai costumi e ai rituali, ai confini tra mondo artificiale e mondo organico. Rivendica la necessità di ridefinire il concetto di arte in sé, sapendo che la parola “arte” corrisponde etimologicamente al significato di artificio. Tuttavia, similmente ai processi magico-religiosi, sa bene che nella pratica artistica tutti i mondi possono coincidere.

Saavedra dimostra tanto la responsabilità del pensiero visivo quanto un’iconoclastia dissacrante; tanto lo spirito ironico quanto la riflessione del filosofo – popolare o urbano, come piace chiamarlo dalla critica d’arte. Saavedra scrive: opero su due sfere, una è il mondo della strada, l’altra quella dell’arte. Concettualmente e formalmente, ho sempre lottato per riguadagnare la strada nell’arte e l’arte nella strada. La sua arte dà forma ai pensieri sovversivi e innesca sempre una presa di coscienza collettiva.L.S._Arte rupestre 2013_installazione site specific

Nei primi anni Novanta Saavedra legge un articolo di Arthur D. Efland riguardo nuove metodologie di apprendimento mediante paralleli tra arte, filosofia, estetica e psicologia. Ogni pratica artistica riflette l’idea avanguardistica specifica del suo contesto. L’arte non è né monolitica né lineare, è polimorfa e fluttuante, e dunque va analizzata considerando le ideologie e le condizioni culturali nelle quali s’inscrive, ma anche considerando tutti quei sistemi periferici “non speculativi” del mondo sociale in cui viviamo.

Per Saavedra l’arte non può essere insegnata, ma può essere trasmessa. Cosciente che non esiste un’unica formula nell’arte: Por lo general, construyo mi trabajo desde adentro hacia afuera. ¿Eso qué quiere decir? Intento trabajar la idea, pensar en ella y luego encontrar la forma adecuada de expresarla. Normalmente no me importa si resulta en un dibujo, una instalación o en un cuadro, lo que quiere decir que mi trabajo es muy diverso en un sentido morfológico.

Recentemente Saavedra pone l’accento sulle derive della produzione artistica dentro e fuori i sistemi globali. La sua indagine è influenzata dalle teorie di Ray Willford sul problema delle egemonie nel mondo dell’arte. Ray Willford definisce la presenza di un’arte “non ufficiale” che cerca di allontanarsi dall’arte sostenuta dallo Stato politico, dal “Modern State Bureaucratic”: forme di produzione artistica che si pongono al margine dell’arte ufficiale, nell’ambito di “Arte” non dichiarata (plurale, libera, multiforme ed eterogenea). Saavedra si sofferma sull’idea di tale creazione.

La sua attività visiva è concepita come una “zona indipendente”in divenire, produttrice di significati, una zona estetica e sensibile all’interno di un’altra egemonia, ideologicamente, esteticamente e commercialmente opposta all’egemonia ufficiale, ma nella speranza che nel futuro, possa diventare quella ufficiale.

 

Giacomo Zaza

Daunia Land Art
Daunia Land Art
Daunia Land Art è un progetto volto alla riscoperta dei cammini della transumanza, in Puglia, che quest’anno si concentrerà sul Tratturo Foggia-Campolato e sul tratturello storico Campolato-Vieste.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *